giovedì 27 gennaio 2011


"Il meraviglioso non suscita in noi nessuna sorpresa, perché il meraviglioso è ciò con cui abbiamo la più profonda confidenza.
La felicità che la sua vista ci procura sta propriamente nel fatto di veder confermata la verità dei nostri sogni."

Ernst Jünger
 

lunedì 10 gennaio 2011

Dioniso. L'eterno ritorno

La filosofia della volontà di potenza, la filosofia dell'eterno divenire raggiunge il culmine nella nozione di essere. L'essere è. L'essere non è né accanto né sopra al divenire: l'essere è piuttosto un'espressione che indica la durata, l'autoconservazione, l'ordine immanente, la giustizia dello stesso divenire.

"Imprimere al divenire il carattere dell'essere: è questa la suprema volontà di potenza [...] Che tutto ritorni è l'estremo avvicinamento del mondo del divenire a quello dell'essere: - culmine della contemplazione"
(Nietzsche - La volontà di potenza, 617)


"La misura della forza del cosmo è determinata, non è “infinita”: guardiamoci da questi eccessi del concetto! Conseguentemente, il numero delle posizioni, dei mutamenti, delle combinazioni e degli sviluppi di questa forza è certamente immane e in sostanza “non misurabile”; ma in ogni caso è anche determinato e non infinito. È vero che il tempo nel quale il cosmo esercita la sua forza è infinito[8], cioè la forza è eternamente uguale ed eternamente attiva: fino a questo attimo, è già trascorsa un’infinità, cioè tutti i possibili sviluppi debbono già essere esistiti. Conseguentemente, lo sviluppo momentaneo deve essere una ripetizione, e così quello che lo ha generato e quello che da esso nasce, e così via: in avanti e all’indietro! Tutto è esistito innumerevoli volte, in quanto la condizione complessiva di tutte le forze ritorna sempre"
(Nietzsche - Frammenti postumi)



domenica 9 gennaio 2011

Ossendowski, l’ultimo avventuriero


L’avventura non è cosa da minimalismo postmodernista. Il fatto che la maggioranza della produzione letteraria e cinematografica contemporanea, nonché l’educazione scolastica, eviti di addentrarsi negli inquietanti reami dell’autentica avventura, ha un che di significativo. Il grande avventuriero dei fumetti, Mister No, non viene più pubblicato, se non raramente, e in libreria le cose non vanno meglio. Solo qua e là emerge qualche perla di vita vissuta, qualche libro in cui si respirano il profumo del muschio e del vino forte, del tabacco trinciato e dei fiori al mattino, ma per il resto tutto tace. Certo, c’è chi prova ad affrontare l’argomento, chi s’impegna, ma nei libri come nei film, la vera avventura viene dal profondo, perché è una questione di sapienti, e non di dotti. Di quei folli, per dirla con Kerouac, che preferiscono bruciarsi che spegnersi lentamente.

Il viaggio avventuroso rappresenta un mito per i giovani inquieti, per coloro i quali sentano il bisogno di una ricerca fuori dagli schemi. La cultura di un Pasolini, tanto per dire, non potrebbe mai concepire il viaggio in sé come un’esperienza di vita, un’occasione di crescita e riflessione, perché il viaggio, in questa mentalità, è semplice tragitto, una questione burocratica da espletare che deve condurre ad una meta precisa.

Ma i grandi viaggiatori non sono coloro che raggiungono molte mete, sono quelli che invece visitano molti luoghi, conoscono genti e storie, si perdono, volutamente, durante il percorso, come dei viandanti in cerca della saggezza. Nietzsche fu un grande viaggiatore e un avventuriero del pensiero, altri, specie dopo di lui, furono solo principianti della vita, impauriti dall’esistenza preferirono ritirarsi nel buio del loro studiolo. Per dirla con il provocatorio Deleuze, il pensiero nietzscheano, il vero pensiero non-conformista, è il riflesso della vita, è frutto dell’esperienza, cresce e si sviluppa nella terra e nel tempo. Perciò la biografia del filosofo tedesco è così importante.

«La terra e il cielo cessavano di respirare. Il vento non soffiava più, il sole si era fermato. In un momento come quello, il lupo che si avvicina furtivo alla pecora si arresta dove si trova; il branco di antilopi spaventate si ferma di botto [...]; al pastore che sgozza un montone cade il coltello di mano [...] Tutti gli esseri viventi impauriti sono tratti involontariamente alla preghiera e attendono il fato. Così è accaduto un momento fa. Così accade sempre quando il Re del Mondo nel suo palazzo sotterra prega e scruta i destini di tutti i popoli e di tutte le razze». Così, con la straordinaria capacità evocativa che gli è propria, narra della sua ricerca della mitica Agartha sotterranea, centro spirituale che alcuni sembrano collocare a Lhasa, il celebre avventuriero Ferdinand Ossendowski (1878-1945). Il racconto si svolge in Mongolia nel 1921; il palazzo dove prega il Re del Mondo si trova nel regno di sotterra, un territorio immenso nascosto alla vista degli uomini e popolato da esseri semidivini, vero e proprio centro spirituale del pianeta. Quel regno esiste fin dalla notte dei tempi: per tutto il remoto periodo denominato dai miti “Età dell’Oro” aveva prosperato alla luce del sole con il nome di “Paradesha” (in sanscrito Paese supremo, da cui Paradiso ); poi, nel 3102 a.C, all’inizio del Kali Yuga della tradizione indù (il termine significa Età Nera e designa il periodo in cui viviamo), i suoi abitanti si erano trasferiti nel sottosuolo per evitare di essere contaminati dal male, e il nome della loro terra era stato trasformato in Agharti, “l’inaccessibile”. La sua opera più conosciuta Bestie, uomini e dèi, tuttora ristampata, viene citata da Guénon nell’introduzione al libretto dedicato precisamente alla figura esoterica del Re del mondo.
 
In quelle stesse pagine, Ossendowki, descrive la figura leggendaria del barone Roman Fiodorovic von Ungern Sternberg, a cui negli anni diversi hanno rivolto il loro interesse, fino alla recente pubblicazione del testo La cosacca del barone von Ungern da parte de Le librette di controra. Terrore dei bolscevichi, questo condottiero dei “bianchi” controrivoluzionari, oppose una strenua resistenza ai sovietici, guadagnandosi sul campo la fama di “sanguinario”. Il suo mito si diffuse a tal punto, che in una delle sue storie più belle, Corte Sconta detta arcana, Hugo Pratt lo rappresenterà in modo assai evocativo, e alla sua figura, negli anni immediatamente successivi alla sua morte, si ispirò ad esempio il film russo Tempeste sull’Asia.

Naturalmente le avventure dello studioso Ossendowski non si limitarono a quanto narrato nel famoso libro edito dalle Mediterranee, ma già nel 1899 viaggiò nelle steppe siberiane, tra i monti Abakani e la città di Biisk, in un percorso che ebbe sempre come sfondo il Lago Nero e la selvaggia natura siberiana. Una recente pubblicazione per Le librette di controra, Il lupo del Lago Nero, raccoglie tre racconti avventurosi dell’autore polacco, che si collocano negli anni precedenti a quanto descritto in Bestie, uomini e dèi.

Immagini vivide di tradizioni primordiali, questo riesce a trasmettere con grande efficacia l’autore. Una steppa selvaggia e battuta dal vento, in cui si incrociano i destini di piccole comunità. Con il gusto del vero avventuriero Ossendowski ci prende per mano e ci conduce in mondo di misteri e di grandi profondità. In cui a usanze precristiane si uniscono talvolta le superstizioni di fanatici santoni e in cui l’amore e la passione sono vissuti come devozione nei confronti di un signore.

La scrittura è vigorosa e asciutta, elegante nella sua efficacia, capace di tenere desto l’interesse lungo tutta la lettura, che scorre rapida e piacevole. Non mancano i colpi di scena, a completare un quadro in cui a farla da padrone è la natura selvaggia della steppa siberiana, un paesaggio che sembra vivere con i suoi abitanti, come se l’ordine degli uomini e quello della natura, in condizioni particolari, possano entrare in contatto. Ecco allora il cielo turbinare e ribellarsi alla pazzia del santo apocalittico, o ancora fare da sfondo vivido alle discussioni erotiche tra l’autore e la sua devota prima moglie. Un contatto con la natura che d’altronde si respira anche nei romanzi avventurosi di un altro grande, Knut Hamsun, autore di Pan e Fame, che scrisse: «Era in uno strano stato d’animo, invaso dalla soddisfazione, con ogni nervo teso e una musica nel sangue. Si sentiva parte della natura, del sole, delle montagne e di tutto il resto; alberi, erba e paglia gli infondevano col loro fruscio il senso del proprio Essere. L’anima gli divenne grande e sonora come un organo, non dimenticò mai più come quella dolce musica gli si infondesse nel sangue».

Il sublime non ha bisogno di orpelli per manifestarsi, e l’Ossendowski riesce alla perfezione a raffigurare un mondo di tradizioni e riti perduti. Ma ciò che più colpisce, è che è tutto vero.

La fortuna, per chi non voglia accontentarsi della letteratura per animi tiepidi, è che periodicamente in libreria compaiono libri davvero capaci di emozionare e sollecitare la voglia di andare scoprire il mondo. È stato così con lo straordinario Nelle terre estreme di Krakauer, da cui è stato tratto anche un film. La storia di un giovane americano che decide di lasciarsi la vecchia vita di comodità alle spalle, per vivere una vita selvaggia e rischiosa nella natura del Nord America. Anche questa è una storia vera, che non ebbe un “lieto” fine. E ancora più recente è l’uscita del libro di Ernst Jünger Visita a Godenholm che, come altre dello stesso autore, è un’avventura in gran parte immaginaria, scritta da un grande avventuriero e viaggiatore del secolo scorso, all’inquieta ricerca della vera libertà..

In occasione di un’intervista televisiva il grande Andrea G. Pinketts ha detto di preferire agli scrittori come Leopardi, chiusi nella loro torre d’avorio, quelli che scendono nelle strade, che vivono la vita autentica e vivono pericolosamente, perché lì si trovano quelle emozioni genuine capaci di strapparci all’abitudine. La vita sottocasa ci sta aspettando.

Fonte: http://www.centrostudilaruna.it/ossendowski-ultimo-avventuriero.html

giovedì 6 gennaio 2011

Konservative Revolution - la revolutio


"La grandezza del fare si misura valutando le sue capacità di seguire l'intima segreta legge dell'inizio"
"Il rapporto originario e genuino con l'inizio è dato quindi dall'attegiamento rivoluzionario, che con lo convolgimento della dimensione abituale riporta alla luce la legge segreta dell'inizio. Dunque, non è l'atteggiamento conservatore a proteggere l'inizio"
"Socialismo è per noi: radicamento, graduazione, strutturazione."
Arthur Moeller van den Bruck

Qui con il termine "conservatore" bisogna intendere quello che Moeller definisce come "reazionario", giacchè "proteggere l'inizio" non può essere altro che un compito conservatore. Ma, come anche Moeller afferma, non si può essere conseguentemente conservatori, se non si è anche rivoluzionari, giacchè deriva proprio da "re-volutio", nel suo significao originario, è ciò che, opponendosi alla deriva dei tempi, è in grado di far accadere nell'avvenire ciò che è posto come inizio.

"Ora, però, poichè resta sempre la cosa più nascosta, non esaurendosi mai e sottraendosi sempre, poichè quel che di volta in volta è divenuto si trasforma subito in qualcosa di abituale che diffondendosi nasconde l'inizio, sono allora necessari dei rivolgimenti di quel che è divenuto abituale, sono necessarie le rivoluzioni"
Martin Heidegger

Rivoluzioni necessarie per ristabilire le condizioni dell'inizio, in modo che la storia possa dare ad esse quell'accadere che si pone come avvenire: siamo nel cuore della concezione della "rivoluzione conservatrice".

Essenza del Bushidō


Sul piano esteriore il bushidō è indubbiamente una morale eroica che regola la 'retta azione' del guerriero e disciplina il suo animo. Ma il carattere più profondo si delinea in correlazione con il concetto indù di dharma: il dovere inerente alla propria natura interiore, la legge d'azione lagata alla propria casta. La legge del kshatriya è il combattimento e la morte, e solo la fedeltà al proprio dharma gli può consentire la realizzazione spirituale ed il superamento dell'effimera condizione umana.

In un celebre passo del Bhagavad Gîtà, il Dio Krishna dice ad Arjuna:
'Considera il tuo proprio dharma: non puoi esitare. Nessun ideale è più alto per un guerriero che ,un giusto combattimento. Felici i guerrieri, o Pàrta, che arrivano, in modo spontaneo, ad un tale combattimento: una porta aperta verso i Cieli'.

L’ azione è dunque spiritualmente efficace solo se è conforme alla natura interiore di chi la esegue.

Da un punto di vista magico, il nemico è estremamente chiaro:

Se la Magia è supremazia dello spirito, sono nemiche le dottrine infere della Materia.

Se la Magia è lotta e vittoria, sono nemiche le dottrine della codardia e della diserzione.

Se la Magia è assoluta coerenza con una Verità interiore e divina, sono nemiche le dottrine del compromesso e del trasformismo.

Se la Magia è suprema ascesi dell’Io, finchè esso giunga alle regione dove l’Io si trasfigura, sono nemiche le dottrine dell’uomo massa e dell’egualitarismo.

Se la Magia è tradizione che scorre nelle vene della Storia, sono nemiche le dottrine della negazione dei valori.

Ain Soph

"Ho spesso visto persone diventare nevrotiche per essersi accontentate di risposte inadeguate o sbagliate ai problemi della vita. Cercano la posizione, il matrimonio, la reputazione, il successo esteriore o il denaro, e rimangono infelici e nevrotiche anche quando ottengono tutto ciò che cercavano. Persone del genere, di solito, sono confinate in un orizzonte spirituale troppo angusto, la loro vita non ha sufficienti contenuti, non ha significato. Se riescono a conquistare una personalità più ampia, generalmente la loro nevrosi scompare. Tra i cosiddetti nevrotici del nostro tempo, ve ne sono molti che in altre epoche non lo sarebbero stati. Non sarebbero stati cioè in disaccordo con se stessi. Se fossero vissuti in un’epoca, in un ambiente nel quale l’uomo -attraverso i miti- era ancora in rapporto con il mondo ancestrale e quindi con la natura sperimentata realmente, non vista solo dall’esterno, avrebbero potuto evitare questo disaccordo con se stessi. Oggi si vuol sentire parlare di grandi programmi politici ed economici, ossia proprio di quelle cose che hanno condotto i popoli a impantanarsi nella situazione attuale. Ed ecco che un uomo viene a parlare di sogni e di mondo interiore. Tutto ciò è ridicolo. Che cosa crede di ottenere di fronte ad un gigantesco programma economico, di fronte ai cosiddetti problemi della realtà? …Ma io non parlo alle nazioni, io mi rivolgo solo a pochi uomini. Se le cose grandi vanno male è solo perché i singoli individui vanno male, perché io stesso vado male. Perciò, per essere ragionevole, l’uomo dovrà cominciare con l’esaminare se stesso. E poiché l’autorità non riesce a dirmi più nulla, io ho bisogno di una conoscenza delle intime radici del mio essere soggettivo. E’ fin troppo chiaro che se il singolo non è realmente rinnovato nello spirito, neppure la società può rinnovarsi: poiché essa consiste nella somma degli individui." 

Carl Gustav Jung




"Possa tornare a rivelarsi e a farsi valere concretamente una dimensione spirituale, sacrale o metafisica, della realtà in una umanità che concepisce l'universo in puri termini di scienza moderna e di tecnica, quindi in un modo disanimato."

Julius Evola