lunedì 30 maggio 2011

Jünger e i prossimi Titani



L'idea del progresso
"E' per me un antropomorfismo con il quale l'uomo ha tentato di leggere la storia. Un surrogato dell'idea di "spirito del mondo". Bisogna prendere le distanze e osservare piuttosto l'universo e la sua storia dal punto di vista del principio della conservazione dell'energia. La potenza del cosmo rimane sempre la stessa, non ci sono progresso o regresso né accelerazione o decrescita che possano modificarla. Ciò che cambia sono le figure, le forme che la storia, anzi, la terra produce incessantemente dal suo profondo. Il problema che qui vedo sorgere è un altro: possiamo considerare l'uomo, questa apparizione sovrana nella storia dell'universo, responsabile della sua evoluzione? [...] Il naufragio del Titanic è un simbolo grandioso, a cominciare dal nome stesso del piroscafo per arrivare fino al modo in cui avvenne il naufragio. E' l'affondamento dell'idea stessa di progresso: la perfezione della tecnica è turbata dall'incidente; al baldanzoso ottimismo subentra il panico, al massimo lusso la distruzione, all'automatismo la catastrofe. Ricordo che alla fine della guerra l'immagine del Titanic ricorreva nelle lettere che Carl Schmitt e io ci scrivevamo, con la sensazione di essere ormai nelle profondità del Malström: a Berlino, sotto i pesanti bombardamenti, anche lui si trovava in una situazione molto difficile, apocalittica."

L'Anarca figura romantica?
"L'uomo romantico in qualche modo fugge dalla realtà e si costruisce con la fantasia poetica e con il sogno un proprio tempo e un proprio spazio. L'Anarca invece conosce e valuta bene il mondo in cui si trova, ed è capace di ritirarsi da esso quando gli pare. In ciascuno di noi c'è un fondo anarchico, un impulso originario all'anarchia. Ma non appena si nasce esso viene limitato dal padre e dalla madre, dalla società e dallo Stato. Sono salassi inevitabili che l'energia originaria dell'individuo subisce e a cui nessuno sfugge. Ma l'elemento anarchico rimane latente, e può erompere come lava: può liberare l'individuo, ma anche distruggerlo. L'Anarca sa che la libertà ha un prezzo, e sa che chi vuole goderne gratis dimostra di non meritarla. Per questo non va confuso con l'anarchico: quest'ultimo si relaziona con la società, sta con essa in un rapporto negativo, che si manifesta in maniera virulenta nella disponibilità dell'anarchico a praticare il terrore per raggiungere i propri scopi. All'Anarca invece la società gli è indifferente. L'Anarca non ha società. La sua è un'esistenza insulare. [...] Per me il bosco non è soltanto come per Heidegger il luogo naturale concreto in cui vivono e operano i contadini della Foresta Nera. Certo, è anche una dimensione naturale, ma è soprattutto una metafora per indicare un territorio vergine in cui ritirarsi dalla civiltà ormai segnata dal nichilismo, in cui sottrarsi dagli imperativi delle chiese e alle grinfie del Leviatano. [...] Quanto più si radicalizza un estremo, tanto più affiora quello opposto. A rigore, dal punto di vista dell'Anarca, del grande Solitario, totalitarismo o democrazia di massa non fanno molta differenza. L'Anarca vive negli interstizi della società, la realtà che lo circonda in fondo gli è indifferente, e solo quando si ritira nel proprio mondo, nella propria biblioteca, ritrova la sua identità. In ogni caso è raccomandabile la freddezza: su una palude ghiacciata si avanza con maggior sicurezza e rapidità."  

Stato mondiale e nazionalismi 
"E' una idea che è stata anticipata in una certa misura da Kant nello scritto Per la pace perpetua (1759), e che non ha perduto di attualità, come mostrano le vicende nella ex Jugoslavia. Kant pensa a un'istanza sovrastatale che metta freno ai conflitti senza regole tra gli Stati nazionali, i quali si comportano fra loro come individui nello stato di natura, dando luogo alla guerra di tutti contro tutti. Kant tuttavia intende questa istanza nel mero senso di una federazione fra gli Stati. Per me invece lo stato mondiale è il punto verso il quale tende l'organizzazione politica dell'umanità, Esso sancirà sul piano politico la globalizzazione già avviata dalla tecnica e dall'economia planetarie. Anche senza eliminare gli stati nazionali, lo Stato mondiale ne assorbirà il potere principale. La tecnica, in quanto fenomeno universale, cosmopolitico, che spinge inesorabilmente alla globalizzazione, prepara lo Stato mondiale e, anzi, in una certa misura lo ha già realizzato. Lo Stato mondiale ne è il corrispettivo politico."

Estratto da I prossimi Titani - Conversazioni con Ernst Jünger di Antonio Gnoli e Franco Volpi